
Ricordo del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa
Il CMI a Palermo alla liturgia in suffragio delle vittime dell’agguato mafioso
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Carlo Alberto Dalla Chiesa, Generale dei Carabinieri a pochi mesi dalla pensione era Vicecomandante dell’Arma; fu creato Prefetto e spedito dal governo Spadolini a Palermo per una missione impossibile: combattere e disintegrare la mafia. Alla cerimonia religiosa, officiata da Monsignor Gioacchino Gambino, che si svolgerà il 3 settembre alle 9,15, nella chiesa di Santa Maria di Monserrato a piazza Croci, parteciperanno autorità civili e militari. Le 21,15 di venerdì 3 settembre 1982, in via Isidoro Carini, vicino a piazza Politeama, nel cuore di Palermo. Due moto di grossa cilindrata affiancano l’automobile di Emanuela Setti Carraro, 32 anni, consorte del Generale. Segue l’auto di scorta condotta dall’agente Domenico Russo. Tutti trucidati sotto la tempesta di colpi di un kalashnikov già utilizzato dalla mafia per altri eccidi (a cominciare da quello di Alfio Ferlito, concorrente di Nitto Santapaola alla guida delle cosche catanesi). Il cuneese Carlo Alberto Dalla Chiesa nasce a Saluzzo il 27 settembre 1920. Giovane tenente, ha comandato in Montenegro un reparto di guerriglia. Viene decorato con una medaglia d’argento al valor militare, una di bronzo al valor civile e due croci al merito di guerra. Per meriti di guerra, passa in servizio nell’Arma dei Carabinieri. A Torino crea il nucleo speciale antiterrorismo, struttura che gli consente di infiltrare alcuni dei suoi uomini nelle Br e di catturare Renato Curcio e Alberto Franceschini (’75). Subito dopo il nucleo verrà smantellato contemporaneamente alla ristrutturazione dell’Ispettorato antiterrorismo del prefetto Emilio Santillo. Dopo l’omicidio Moro è incaricato di ricostituire i nuclei speciali: porta a segno la cattura di Patrizio Peci, il primo pentito del terrorismo, e il blitz di via Fracchia a Genova (’80), cui seguirà il delitto Tobagi. E’ nominato in Sicilia il 2 aprile 1982. Arriva a Palermo la sera del 30 aprile, poco dopo l’uccisione del segretario siciliano del pci, Pio La Torre, terzo uomo politico assassinato nel giro di pochi mesi dopo Piersanti Mattarella, presidente dc della Regione siciliana, e Michele Reina, segretario della Dc palermitana. Il 10 agosto, in un’intervista a Giorgio Bocca, denuncia il suo isolamento e la mancata attribuzione dei poteri, parla dei suoi sospetti sugli intrecci mafia-affari e del “rapporto dei 164“ che sta ultimando. Sarà la prima pietra del maxiprocesso di Falcone contro la mafia. Non chiede leggi speciali o eccezionali. Muore trucidato la sera del 3 settembre: resta per tutti il “prefetto dei cento giorni“. Conosceva la storia dell’altro piemontese, Cesare Mori, il “prefetto di ferro“, mandato nel 1925 in Sicilia per ristabilire l’autorità, con qualsiasi mezzo. Mori fu poi nominato Senatore del Regno e allontanato dalla Sicilia. Dalla Chiesa fu eliminato fisicamente. Eugenio Armando Dondero Portavoce Coordinamento Monarchico Italiano









